Programmazione neurolinguistica e spiritualità: paralleli centripeti (parte terza).

 

Una mente serena

Da secoli il Buddismo predica la serenità della mente come miglior cura per le tensioni emotive: ciò vale sempre per qualsiasi disciplina che si occupi di risorse umane. Quando si parla di problema si fa sempre riferimento al “K negativo”: c’è una persona che prova stress, mal di stomaco, irrigidimento muscolare, ansia… perché ci sia un vero problema deve esserci un disequilibrio a livello cinestesico. Da qui parte la terapia, la scoperta della cause e la ristrutturazione. I nuovi modelli sull’intelligenza emotivaattingono a pieni mani dalle discipline orientali, non disdegnando l’utilizzo delle arti marziali e del movimento (ad esempio il Tai Chi) per integrare il lavoro mentale di ri-programmazione con il ri-equilibrio corporeo. La stessa pnl afferma che, essendo mente e corpo collegati, l’intervento sull’una o sull’altro ha praticamente la stessa valenza. Esiste un chiaro parallelismo tra modelli cognitivi come la pnl e sistemi basati sulla consapevolezza corporea, come ad esempio il Feldenkrais. L’integrazione dei due sistemi (fisico e mentale) che tenga conto inoltre degli aspetti spirituali, garantisce il successo di qualsiasi terapia.

 

Io piccolo e io grande

Numerosi grandi pensatori, con diverse denominazioni, sostengono l’esistenza di un io piccolo e un io grande. Con il primo sintagma si riferiscono generalmente all’attività mentale, con il secondo a quella dell’anima e al contatto con l’energia dell’universo. La pnl, in qualità di modello scientifico, tratta l’io piccolo, ma il vero fine, raramente dichiarato (vedi Einstein), è l’io grande.

La massima di una “pnl spirituale” potrebbe essere: “Spoglia l’io piccolo e vesti l’io grande!”

Lavorando efficacemente sulle increspature della mente, la pnl abbatte rapidamente confini, favorisce il cammino attraverso dune, colline e montagne, paesi già visitati o del tutto sconosciuti, con l’intento di arrivare al più presto al mare aperto, dove riposa il gigante buono.

Questo sottile lavorio riguarda la percezione soggettiva: è un’ascesa nei sette cieli della sapienza. Ad ogni passo si affina la percezione e si vedono le cose da un diverso punto di vista, sempre più alto e più libero da condizionamenti. La premessa più avvincente della pnl è che “tutto è possibile”. Sarà anche una menzogna, ma una menzogna assai dolce. Se mi convinco di poter “salire al settimo cielo”, mi concedo tale possibilità e aumento drasticamente le probabilità di farcela!

Nella spiritualità non vi sono limiti: tutti hanno l’opportunità di “salvarsi”, di “non cadere in tentazione”, di ESSERE SE STESSI! Così nella programmazione neuro-linguistica.

 

Obiettivi e desideri

Anche il modello diltsiano dello s.c.o.r.e si avvicina alla via spirituale.

Formulare gli obiettivi secondo le cinque regole proposte (positività nella struttura linguistica, sensorialità, piena responsabilità, scadenza, ecologia) aumenta decisamente la probabilità di raggiungerli. La corretta formulazione dell’obiettivo ha diversi punti in comune con la magia del desiderare, anche se manca il riferimento alla fonte della creatività, quel vuoto pieno di energia da cui nasce ogni cosa e da cui prendono forma i fatti materiali. La scienza non si concede ancora, almeno ufficialmente, lo studio dell’Altrove. In realtà, gli scienziati illuminati sanno benissimo che sta proprio qui il grande mistero: nel legame tra la Terra e l’Aldilà. Gli uomini che, consapevolmente o inconsapevolmente, hanno imparato a dialogare con l’Aldilà, ad entrare in quel tempio infinito di vuoto pieno, possono realizzare qualsiasi cosa, dai loro desideri scaturisce ‘realtà’. La nostra mente è troppo limitata per comprendere questo processo, che rimane così un mistero, ma il processo esiste! L’accesso al regno divino è stato sperimentato da ogni uomo, ma la paura di questo immenso potere ha bloccato i più. La pnl piace perché combatte le paure, stimola a sognare e ad agire, libera energie positive, avvicina seppur indirettamente l’uomo alla verità. La corretta formulazione degli obiettivi non cita la fonte creativa, rimane su un piano razionale, ma muove un processo interno che va oltre il razionale e consente di credere nell’obiettivo…

Il credere, più del conoscere, è una garanzia di successo.

 

 

 

Svelare il linguaggio

“La domanda che i maestri preferiscono è: ‘In che senso?’ ” (Igor Sibaldi, L’Età dell’Oro).

Non è forse la domanda principe del meta-modello, quella che mira a specificare la semantica della singola persona in base alla sua mappa mentale, assolutamente unica? Il meta-modello ha un obiettivo chiaramente spirituale: liberare l’ io piccolo dal velo della superficialità per consentirgli di vedere in profondità. L’arte di porre domande mirate è applicabile alla comunicazione interpersonale, come a quella intra-personale: di fronte a problemi o ostacoli, la pnl non si ferma a commiserare, pone al contrario quesiti del tipo: “A cosa ti serve questo problema?” che riportano la responsabilità al soggetto e lo inducono a comprendere che se un ostacolo c’è, è perché in quel momento deve esserci, è in qualche modo necessario alla crescita spirituale.

Il meta-modello può aiutarci perfino nell’affrontare significati metaforici e geroglifici dei testi sacri: leggere questi testi come se fossero storielle è alquanto limitativo, perché sono autentici manuali di psicologia, in tutti i sensi, e chiavi per accedere alla verità. Ponendoci nuove domande sul vero significato degli scritti potremmo comprenderli fino in fondo e scoprire nuove frontiere della parola e del pensiero.

In questo senso il “meta-modello” è più universale di quello che si può immaginare.

 

Il passato è passato

Non esistono fallimenti, ma solo risultati”. Ecco un altro grande insegnamento spirituale della pnl.

Possiamo interpretare la frase attraverso la legge del causa-effetto (il karma) e rimanere in un ambito accettabile per la scienza, oppure concederci un altro salto in alto e parlare di coincidenze come messaggi dall’Aldilà. Per chi ha letto il best-seller “La Profezia di Celestino”, il discorso è già chiaro: il nostro passato è rileggibile in chiave di mission, tutto ciò che ci è accaduto nella vita ha un significato spirituale. Le cose che valutiamo negative, lo sono soltanto per l’io piccolo! Concedendoci una visione più ampia del passato, comprendiamo la coerenza di una via già tracciata, non ammettiamo più il concetto di fallimento, ma soltanto quelli di esperienza, di prova, di passaggio. Ripassiamo mentalmente quelle che pensavamo essere coincidenze e ci accorgiamo che tali non erano: dovevamo viverle, volevamo viverle per essere ciò che oggi siamo. Tutto è stato indispensabile per la nostra maturazione, niente inutile, niente casuale, tutto torna ma purificato dalle tossine di una percezione limitata e spesso distorta.

Ancora una volta si ripropone il concetto di percezione: analizzare il passato nel modo descritto, richiede un avanzamento sottile nella capacità percettiva, grazie al quale tutto il vissuto diventa un tesoro di inestimabile valore, uno scrigno da aprire, un libro da raccontare.

Il passato è passato. Non possiamo tornare indietro e cambiarlo materialmente, mentalmente e spiritualmente sì! La pnl utilizza la ristrutturazione senza porre attenzione su coincidenze o sull’evoluzione spirituale, ma il parallelismo è chiaro.

“Non rimanere legato al passato, vivi il presente per il futuro…” è l’insegnamento di base della Bibbia.

 

La nuova frontiera della mission

Alcuni piennelisti inseriscono al vertice della piramide dei livelli logici la mission. Considerando il funzionamento a cascata del modello diltsiano, se ammettiamo la validità di questa vetta missionaria, è inevitabile che, una volta scoperta la mission di un’esistenza, tutti gli altri livelli perdano d’importanza: la persona consapevole d’esser nata per eseguire un determinato compito, trova da sé la coerenza nei valori, nelle convinzioni, nei comportamenti, negli ambienti; dell’identità non si preoccupa affatto, perché è spontanea, non c’è niente da costruire.

E’ comprensibile dunque che, da parte dei piennelisti, ci sia qualche remora ad inserire nei libri e nei corsi la cima della montagna: temono che dalla vetta parta una valanga in grado di spazzare via l’albero così ben cresciuto. “Soffrono di attaccamento!” – direbbe il monaco tibetano -.

Il rischio che intravedono questi professionisti con le bende agli occhi, è che la pnl si trasformi in una religione. A parte il fatto che non ci vedo alcunché di male (ci sarebbe anzi bisogno di un’ondata d’aria fresca in campo ecumenico), per arrivare a scoprire la mission, anche la guida spirituale analizza comunque i livelli sottostanti, che non perdono quindi di valore nel cammino di scoperta, ma soltanto a illuminazione avvenuta… Siccome ce ne vuole per raggiungerla, il lavoro ci sarà sempre, non preoccupatevi!

La mission è l’ultima frontiera della pnl, quella in grado di attuare l’integrazione finale tra modello scientifico e movimento spirituale.

Avranno i piennelisti la forza per abbattere anche l’ultima convinzione?

Sapranno coniugare le esigenze scientifiche con la ricerca spirituale o si limiteranno a difendere il loro giocattolo tenendolo a un passo dalla vetta?

Sapranno assumere il punto di vista più alto contro l’ordine della loro mente: “No, non si può andare oltre!”?

 

Dalla mente al Cuore